SOLE-CLIMA: si va verso il freddo? Una nuova PEG? (Aggiornato 27-02-2016)
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- burjan
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Re: SOLE-CLIMA: si va verso il freddo? Una nuova PEG?......
E ora si capisce perchè l'IPCC a Bali ha detto che abbiamo 20 anni di tempo per arrestare la corsa alle emissioni climalteranti. Tutto coincide, per una volta serristi e no potrebbero accordarsi e prendere di petto il problema.
Quando la nostra stella si riaccenderà, dovremo essere pronti, perchè non dobbiamo dimenticare che le basi scientifiche della teoria dell'effetto serra (ossia le proprietà riflettenti dei gas con molecole di certe caratteristiche) sono inoppugnabili. Ci si può dividere solo sul quantum, ma sul fatto che prima o poi si rischia l'irreparabile, non credo ci possano essere disaccordi.
Quando la nostra stella si riaccenderà, dovremo essere pronti, perchè non dobbiamo dimenticare che le basi scientifiche della teoria dell'effetto serra (ossia le proprietà riflettenti dei gas con molecole di certe caratteristiche) sono inoppugnabili. Ci si può dividere solo sul quantum, ma sul fatto che prima o poi si rischia l'irreparabile, non credo ci possano essere disaccordi.
Il dono della previsione è far comprendere quanto sia perfettamente inutile dare una risposta alle domande sbagliate (Ursula Le Guin)
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Re: SOLE-CLIMA: si va verso il freddo? Una nuova PEG?......
Non direi, visto che l'IPCC ancora nega tutto per quanto riguarda il fattore di influenza della variazione solare.E ora si capisce perchè l'IPCC a Bali ha detto che abbiamo 20 anni di tempo per arrestare la corsa alle emissioni climalteranti. Tutto coincide....
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Re: SOLE-CLIMA: si va verso il freddo? Una nuova PEG?......
Lo so che lo nega, ma di fatto si comporta come se lo affermasse. Oppure, più probabilmente, dopo 2-3 anni di osservazioni di un certo tipo anche i loro modelli tendono ad individuare quel range temporale come la "frontiera".Non direi, visto che l'IPCC ancora nega tutto per quanto riguarda il fattore di influenza della variazione solare.E ora si capisce perchè l'IPCC a Bali ha detto che abbiamo 20 anni di tempo per arrestare la corsa alle emissioni climalteranti. Tutto coincide....
Il dono della previsione è far comprendere quanto sia perfettamente inutile dare una risposta alle domande sbagliate (Ursula Le Guin)
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Re: SOLE-CLIMA: si va verso il freddo? Una nuova PEG?......
I risultati di una ricerca pubblicata sull'autorevole rivista scientifica "Nature" corregge il tiro:
era da almeno 8000 anni (e non "solo" 1000 anni, come scaturito da precedenti ricerche) che il SOLE non era così attivo come negli ultimi 70 anni !!!
Questa notizia pone ulteriori interrogativi a riguardo della repentina fase di riscaldamento che ha interessato il nostro pianeta, in particolare a partire dallo scorso secolo, e ci fa intuire che "forse", prima di emettere verità e sentenze, andrebbe approfondita ulteriormente la relazione tra Sole e Clima.
“According to our reconstruction, the level of solar activity during the past 70 years is exceptional, and the previous period of equally high activity occurred more than 8,000 years ago.” [...] “Here we report a reconstruction of the sunspot number covering the past 11,400 years”
Evidentemente siamo ancora molto, troppo distanti dal parlare di certezze, sia per quanto riguarda il Sole che, e soprattutto, per ciò che riguarda il Clima, vista anche l'incapacità predittiva manifestata in occasione dell'attuale minimo solare (doveva essere breve e preludere ad un massimo record) e dell'arresto della crescita delle T globali negli ultimi 10 anni (dovevamo assistere ad un'accelerazione del riscaldamento, e non ad una diminuzione come quella degli ultimi anni).
Mi viene da pensare che gli scenari proposti dall’IPCC possano essere definitivamente catalogati come fantasie da futurologi piuttosto che, come spesso viene erronemente fatto credere, previsioni.
era da almeno 8000 anni (e non "solo" 1000 anni, come scaturito da precedenti ricerche) che il SOLE non era così attivo come negli ultimi 70 anni !!!
Questa notizia pone ulteriori interrogativi a riguardo della repentina fase di riscaldamento che ha interessato il nostro pianeta, in particolare a partire dallo scorso secolo, e ci fa intuire che "forse", prima di emettere verità e sentenze, andrebbe approfondita ulteriormente la relazione tra Sole e Clima.
“According to our reconstruction, the level of solar activity during the past 70 years is exceptional, and the previous period of equally high activity occurred more than 8,000 years ago.” [...] “Here we report a reconstruction of the sunspot number covering the past 11,400 years”
Evidentemente siamo ancora molto, troppo distanti dal parlare di certezze, sia per quanto riguarda il Sole che, e soprattutto, per ciò che riguarda il Clima, vista anche l'incapacità predittiva manifestata in occasione dell'attuale minimo solare (doveva essere breve e preludere ad un massimo record) e dell'arresto della crescita delle T globali negli ultimi 10 anni (dovevamo assistere ad un'accelerazione del riscaldamento, e non ad una diminuzione come quella degli ultimi anni).
Mi viene da pensare che gli scenari proposti dall’IPCC possano essere definitivamente catalogati come fantasie da futurologi piuttosto che, come spesso viene erronemente fatto credere, previsioni.
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Re: SOLE-CLIMA: si va verso il freddo? Una nuova PEG?......
Variabilità solare su scala millenaria
L’attività solare degli ultimi 400 anni è cosa nota. Può essere interessante fare un’analisi dell’attività solare in un periodo molto più ampio: l’olocene (dal 10.000 a. C. a oggi). La ricostruzione dell’attività solare per questo periodo millenario è stata fatta basandosi su misurazioni di C14 negli anelli degli alberi (vedi figura sotto) e di Be10 nei ghiacciai polari. Usoskin, uno scienziato dell’università di Oulu, ha individuato delle periodicità dell’attività solare e si è soffermato ad analizzare le caratteristiche dei grandi minimi e dei grandi massimi del passato.
Quasi periodicità
Se si procede con un’analisi della serie temporale del numero di macchie sull’intera epoca dell’Olocene si trovano alcune periodicità che il lettore avrà già in qualche modo trovato in altri articoli:
a) una di circa 80 anni corrispondente con il ciclo di Gleissberg
b) un’altra si riscontra intorno ai 150 anni e non è persistente sull’intero periodo analizzato, infatti è assente in alcuni periodi temporali (per la maggior parte tra il 6000 a.C e il 4000 a. C.).
c) Il ciclo di Vries-Suess, con una durata di circa 210 anni, è rilevato anch’esso in modo non persistente, ma tende a diventare evidente se si considerano raggruppamenti temporali di 2400 anni.
d) Un’altra variazione con un periodo di 350 anni può essere osservata dopo il 6000 a. C.
e) una periodicità millenaria (iperciclo) molto interessante compresa tra i 2000 e i 2400 anni che costituisce il ciclo di Hallstatt. Si presenta relativamente stabile sull’intero periodo e soprattutto si manifesta come modulazione dell’attività solare nel lungo termine, che porta a gruppi di grandi minimi.
I grandi minimi
Il minimo di Maunder (1645-1715) come il minimo di Dalton (1790-1830) sono abbastanza noti, tuttavia, Usoskin, ha individuato nell’Olocene ben 27 grandi minimi. Stuiver e Braziunas e poi Stuiver e altri li hanno suddivisi in due gruppi: i minimi di breve durata, dai 50 agli 80 anni, detti di tipo Maunder e quelli di lunga durata, superiore ai 100 anni, detti di Sporer (1415-1534). La media della loro durata è di 70 anni. Nella figura è riportato l’istogramma della loro durata, la cui media è 70 anni. Come potete osservare si dividono in due gruppi e si tratta per lo più di minimi di tipo Maunder.
Se si somma il tempo di durata di tutti questi minimi si trova un valore pari a circa 1900 anni, ovvero questo indica che il sole spende circa il 17% del suo tempo in una fase di bassa o meglio bassissima attività. Un’altra considerazione importante da fare è se questi si presentino con una certa regolarità, cosa alquanto importante per capire il comportamento della dinamo solare. Un’attenta analisi mostra che essi non appaiono periodicamente, ma in modo casuale in settori temporali della durata di 2000-2500 anni. Si presentano, inoltre, in gruppo e con tempi di divario abbastanza brevi.
I grandi massimi
Il massimo solare moderno (dal 1940 in poi), oggetto di osservazione diretta, è stato certamente uno dei più intensi degli ultimi secoli. Il numero di Wolf, nel periodo 1750-1900, è stato 35 ± 9 e dal 1950 in poi è passato a 75 ± 3, un valore più che doppio. Se andiamo indietro troviamo un aumento dell’attività solare nel periodo medievale, intorno al 1200 D. C., che per molti scienziati non può essere considerato un grande massimo, per nulla paragonabile a quello moderno (per tale motivo il massimo medievale non compare nella prima figura). Usoskin, analizzando i dati sul Be10 prelevati da campioni di ghiaccio della Groenlandia e dell’Antartide, è arrivato alla conclusione che il massimo solare moderno sia stato il maggiore del millennio. Un’analisi simile sul C14 ha rilevato che un massimo così intenso sia un evento raro (vedi la prima figura).
Se si considera tutto il periodo dell’olocene sono stati trovati 19 grandi massimi, per una durata complessiva di 1030 anni, che lascia supporre che il sole passi circa il 10% del suo tempo in un periodo di forte attività. La loro durata ha una distribuzione più regolare rispetto ai grandi minimi. La maggior parte dei grandi massimi (circa il 75%) non ha avuto una durata superiore ai 50 anni e solo quattro di questi, tra cui il massimo moderno, una superiore ai 70 anni. Anche questi, come i grandi minimi non si presentano con una frequenza regolare, ma in modo casuale. L’analisi su scala millenaria dei grandi massimi ci porta ragionevolmente a supporre che l’attività futura del sole sarà bassa, sicuramente più bassa di quella dell’ultimo mezzo secolo. Non a caso attualmente ci troviamo in un minimo di attività e i futuri cicli sono previsti da molti scienziati più bassi del ciclo 23. La casualità con la quale si presentano sia i grandi massimi che i grandi minimi pone dei grossi problemi ai fisici solari che si occupano di capire il funzionamento del sole e in particolare della dinamo solare. In tal senso, forse, rimane ancora tanto da fare.
da: http://solarphysics.livingreviews.org/o ... title.html
http://daltonsminima.wordpress.com
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Re: SOLE-CLIMA: si va verso il freddo? Una nuova PEG?......
Ora anche la NASA si interroga seriamente sull'eccezzionale minimo solare!
April 1, 2009: The sunspot cycle is behaving a little like the stock market. Just when you think it has hit bottom, it goes even lower.
2008 was a bear. There were no sunspots observed on 266 of the year's 366 days (73%). To find a year with more blank suns, you have to go all the way back to 1913, which had 311 spotless days: plot. Prompted by these numbers, some observers suggested that the solar cycle had hit bottom in 2008.
Maybe not. Sunspot counts for 2009 have dropped even lower. As of March 31st, there were no sunspots on 78 of the year's 90 days (87%).
It adds up to one inescapable conclusion: "We're experiencing a very deep solar minimum," says solar physicist Dean Pesnell of the Goddard Space Flight Center.
"This is the quietest sun we've seen in almost a century," agrees sunspot expert David Hathaway of the Marshall Space Flight Center.
Quiet suns come along every 11 years or so. It's a natural part of the sunspot cycle, discovered by German astronomer Heinrich Schwabe in the mid-1800s. Sunspots are planet-sized islands of magnetism on the surface of the sun; they are sources of solar flares, coronal mass ejections and intense UV radiation. Plotting sunspot counts, Schwabe saw that peaks of solar activity were always followed by valleys of relative calm—a clockwork pattern that has held true for more than 200 years: plot.
The current solar minimum is part of that pattern. In fact, it's right on time. "We're due for a bit of quiet—and here it is," says Pesnell.
But is it supposed to be this quiet? In 2008, the sun set the following records:
A 50-year low in solar wind pressure: Measurements by the Ulysses spacecraft reveal a 20% drop in solar wind pressure since the mid-1990s—the lowest point since such measurements began in the 1960s. The solar wind helps keep galactic cosmic rays out of the inner solar system. With the solar wind flagging, more cosmic rays are permitted to enter, resulting in increased health hazards for astronauts. Weaker solar wind also means fewer geomagnetic storms and auroras on Earth.
A 12-year low in solar "irradiance": Careful measurements by several NASA spacecraft show that the sun's brightness has dropped by 0.02% at visible wavelengths and 6% at extreme UV wavelengths since the solar minimum of 1996. The changes so far are not enough to reverse the course of global warming, but there are some other significant side-effects: Earth's upper atmosphere is heated less by the sun and it is therefore less "puffed up." Satellites in low Earth orbit experience less atmospheric drag, extending their operational lifetimes. Unfortunately, space junk also remains longer in Earth orbit, increasing hazards to spacecraft and satellites.
A 55-year low in solar radio emissions: After World War II, astronomers began keeping records of the sun's brightness at radio wavelengths. Records of 10.7 cm flux extend back all the way to the early 1950s. Radio telescopes are now recording the dimmest "radio sun" since 1955: plot. Some researchers believe that the lessening of radio emissions is an indication of weakness in the sun's global magnetic field. No one is certain, however, because the source of these long-monitored radio emissions is not fully understood.
All these lows have sparked a debate about whether the ongoing minimum is "weird", "extreme" or just an overdue "market correction" following a string of unusually intense solar maxima.
"Since the Space Age began in the 1950s, solar activity has been generally high," notes Hathaway. "Five of the ten most intense solar cycles on record have occurred in the last 50 years. We're just not used to this kind of deep calm."
Deep calm was fairly common a hundred years ago. The solar minima of 1901 and 1913, for instance, were even longer than the one we're experiencing now. To match those minima in terms of depth and longevity, the current minimum will have to last at least another year.
In a way, the calm is exciting, says Pesnell. "For the first time in history, we're getting to see what a deep solar minimum is really like." A fleet of spacecraft including the Solar and Heliospheric Observatory (SOHO), the twin STEREO probes, the five THEMIS probes, Hinode, ACE, Wind, TRACE, AIM, TIMED, Geotail and others are studying the sun and its effects on Earth 24/7 using technology that didn't exist 100 years ago. Their measurements of solar wind, cosmic rays, irradiance and magnetic fields show that solar minimum is much more interesting and profound than anyone expected.
Modern technology cannot, however, predict what comes next. Competing models by dozens of top solar physicists disagree, sometimes sharply, on when this solar minimum will end and how big the next solar maximum will be. Pesnell has surveyed the scientific literature and prepared a "piano plot" showing the range of predictions. The great uncertainty stems from one simple fact: No one fully understands the underlying physics of the sunspot cycle.
Pesnell believes sunspot counts will pick up again soon, "possibly by the end of the year," to be followed by a solar maximum of below-average intensity in 2012 or 2013.
But like other forecasters, he knows he could be wrong. Bull or bear? Stay tuned for updates.
http://science.nasa.gov/headlines/y2009 ... ?list71934
April 1, 2009: The sunspot cycle is behaving a little like the stock market. Just when you think it has hit bottom, it goes even lower.
2008 was a bear. There were no sunspots observed on 266 of the year's 366 days (73%). To find a year with more blank suns, you have to go all the way back to 1913, which had 311 spotless days: plot. Prompted by these numbers, some observers suggested that the solar cycle had hit bottom in 2008.
Maybe not. Sunspot counts for 2009 have dropped even lower. As of March 31st, there were no sunspots on 78 of the year's 90 days (87%).
It adds up to one inescapable conclusion: "We're experiencing a very deep solar minimum," says solar physicist Dean Pesnell of the Goddard Space Flight Center.
"This is the quietest sun we've seen in almost a century," agrees sunspot expert David Hathaway of the Marshall Space Flight Center.
Quiet suns come along every 11 years or so. It's a natural part of the sunspot cycle, discovered by German astronomer Heinrich Schwabe in the mid-1800s. Sunspots are planet-sized islands of magnetism on the surface of the sun; they are sources of solar flares, coronal mass ejections and intense UV radiation. Plotting sunspot counts, Schwabe saw that peaks of solar activity were always followed by valleys of relative calm—a clockwork pattern that has held true for more than 200 years: plot.
The current solar minimum is part of that pattern. In fact, it's right on time. "We're due for a bit of quiet—and here it is," says Pesnell.
But is it supposed to be this quiet? In 2008, the sun set the following records:
A 50-year low in solar wind pressure: Measurements by the Ulysses spacecraft reveal a 20% drop in solar wind pressure since the mid-1990s—the lowest point since such measurements began in the 1960s. The solar wind helps keep galactic cosmic rays out of the inner solar system. With the solar wind flagging, more cosmic rays are permitted to enter, resulting in increased health hazards for astronauts. Weaker solar wind also means fewer geomagnetic storms and auroras on Earth.
A 12-year low in solar "irradiance": Careful measurements by several NASA spacecraft show that the sun's brightness has dropped by 0.02% at visible wavelengths and 6% at extreme UV wavelengths since the solar minimum of 1996. The changes so far are not enough to reverse the course of global warming, but there are some other significant side-effects: Earth's upper atmosphere is heated less by the sun and it is therefore less "puffed up." Satellites in low Earth orbit experience less atmospheric drag, extending their operational lifetimes. Unfortunately, space junk also remains longer in Earth orbit, increasing hazards to spacecraft and satellites.
A 55-year low in solar radio emissions: After World War II, astronomers began keeping records of the sun's brightness at radio wavelengths. Records of 10.7 cm flux extend back all the way to the early 1950s. Radio telescopes are now recording the dimmest "radio sun" since 1955: plot. Some researchers believe that the lessening of radio emissions is an indication of weakness in the sun's global magnetic field. No one is certain, however, because the source of these long-monitored radio emissions is not fully understood.
All these lows have sparked a debate about whether the ongoing minimum is "weird", "extreme" or just an overdue "market correction" following a string of unusually intense solar maxima.
"Since the Space Age began in the 1950s, solar activity has been generally high," notes Hathaway. "Five of the ten most intense solar cycles on record have occurred in the last 50 years. We're just not used to this kind of deep calm."
Deep calm was fairly common a hundred years ago. The solar minima of 1901 and 1913, for instance, were even longer than the one we're experiencing now. To match those minima in terms of depth and longevity, the current minimum will have to last at least another year.
In a way, the calm is exciting, says Pesnell. "For the first time in history, we're getting to see what a deep solar minimum is really like." A fleet of spacecraft including the Solar and Heliospheric Observatory (SOHO), the twin STEREO probes, the five THEMIS probes, Hinode, ACE, Wind, TRACE, AIM, TIMED, Geotail and others are studying the sun and its effects on Earth 24/7 using technology that didn't exist 100 years ago. Their measurements of solar wind, cosmic rays, irradiance and magnetic fields show that solar minimum is much more interesting and profound than anyone expected.
Modern technology cannot, however, predict what comes next. Competing models by dozens of top solar physicists disagree, sometimes sharply, on when this solar minimum will end and how big the next solar maximum will be. Pesnell has surveyed the scientific literature and prepared a "piano plot" showing the range of predictions. The great uncertainty stems from one simple fact: No one fully understands the underlying physics of the sunspot cycle.
Pesnell believes sunspot counts will pick up again soon, "possibly by the end of the year," to be followed by a solar maximum of below-average intensity in 2012 or 2013.
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Re: SOLE-CLIMA: si va verso il freddo? Una nuova PEG?......
Il Gigante incompreso
Di Carlo Colarieti Tosti il 06 aprile, 2009
Raccogliendo le sollecitazioni di Guido Guidi ho deciso di raccogliere alcune considerazioni che rappresentano una breve anteprima di uno studio più ampio in fase di ultimazione. I problemi riguardanti i cambiamenti climatici hanno da sempre fatto discutere a causa delle grandi incertezze che accompagnano la conoscenza del problema. Recentemente, anche se a dire il vero non troppo, una delle questioni che anima di più il dibattito è sicuramente quella inerente l’attività solare ed il suo ruolo di forzante del sistema. Si tratta in verità di discussioni piuttosto datate, apertesi già parecchio tempo fa con la ricerca delle dinamiche di innesco delle grandi glaciazioni.
Le ipotesi iniziali erano molteplici, come al solito qualcuna forse anche stravagante ma, nel 1842 il matematico francese J. A. Adhémar formulò per primo l’ipotesi che il fattore determinante nell’innesco delle glaciazioni dovesse essere una variazione di intensità delle stagioni, introducendo così le motivazioni di natura astronomica. Qualche decennio più tardi il matematico ed astronomo serbo Milutin Milankovitch affinò questo teoria perfezionandola negli anni venti e trenta del XX secolo e fornendo la soluzione al problema della comprensione delle grandi oscillazioni climatiche. La teoria del Milankovitch poggia su tre componenti; due intervengono a modificare l’intensità delle stagioni mentre la terza influisce sulle interazioni fra le due precedenti. Le più importanti sono la variazione dell’inclinazione dell’asse terrestre e, seppur più debole, l’oscillazione dell’eccentricità dell’orbita.
Senza dilungarmi sulla globalità dei moti astronomici millenari mi soffermerò solo sull’inclinazione dell’asse terrestre che varia, con un ciclo di circa 41000 anni, passando da un minimo di 22,1° circa ad un massimo di 24,5° circa. L’angolo è attualmente di 23,44° ovvero più o meno a metà strada dell’intera oscillazione e tende a diminuire. Più l’angolazione è pronunciata più sono intense le stagioni nei due emisferi. L’inclinazione dell’asse ha l’effetto di forzare la radiazione solare, per cui gli inverni saranno più rigidi come pure le estati più calde, in un regime che potremmo definire nel complesso di tipo continentale. Tale situazione è la più sfavorevole alle dinamiche di sviluppo delle grandi glaciazioni perché non consente alle nevi invernali di accumularsi superando più o meno agilmente le stagioni estive. Il risultato del lavoro di Milankovitch fu quello di stabilire che le grandi glaciazioni abbiano avuto inizio quando vi è stata una sufficiente variazione dell’insolazione attorno e al di sopra del 65° di latitudine. Questo avrebbe determinato dei forcing sufficienti ad orientare alternativamente il clima verso una fase calda o fredda.
In realtà anche le variazioni dell’attività del nostro Sole determinano numerose variazioni. Tra queste naturalmente l’intensità dell’irradiazione. Tuttavia, nonostante il Sole sia il motore del nostro sistema climatico, allo stato attuale permane come un gigante incompreso nella modellistica della rappresentazione climatica. Dopo quasi due decenni di studi sul clima ho certamente consolidato la convinzione per la quale il corretto approccio al problema deve essere di tipo olistico, cercando di esaminare la questione nel suo insieme. Ciò appare in netta contrapposizione all’approccio riduzionista purtroppo ben radicato nelle moderne tecniche d’indagine dei meccanismi che regolano i cambiamenti climatici.
Nei modelli di simulazione climatica (GCM) l’attività solare viene considerata come semplice irradiazione totale e nella sua variazione tra periodi assolutamente brevi. Inoltre si asserisce che quanto implementato nei modelli corrisponde alle conoscenze allo stato dell’arte; allora mi domando quale validità abbiano tali prognosi, spacciate per certezze climatiche, sapendo che le conoscenze sono ancora assai limitate? Questo discorso fa anche il paio con una domanda che feci ad un noto relatore di una conferenza sul clima il quale mi rispose che: “questo è quello che abbiamo e quindi a questo dobbiamo riferirci”. A me pare come il famoso proverbio: “O mangi questa minestra o ti butti dalla finestra”. Peccato però che la realtà scientifica sia un’altra cosa, non certo un proverbio. Concludendo sui modelli climatici ad oggi questi non possono altro che esprimere uno studio di sensibilità, ovvero, nel migliore dei casi fornire solo proiezioni su uno dei possibili climi futuri in un range di probabilità ristretto a quei casi in cui la forzante solare non sia soggetta a variazioni. Cosa che non è mai accaduta, né è probabile che avvenga in futuro.
Tornando al Sole e alla irradiazione solare ( TSI) questa non è esattamente costante, infatti è soggetta ad oscillazioni nel tempo ed è inoltre ben associata alla variabilità del numero delle macchie solari. Guardando il grafico riportante l’andamento dei dati si noterà la perfetta correlazione, con un indice pari a 0,98 tra l’attività delle macchie solari e la TSI. Ne consegue che la TSI è espressione diretta dell’attività solare la quale è riconducibile alla variabilità del numero delle macchie nella sommatoria dei vari cicli di Schwabe o più comunemente dei vari cicli undecennali determinandone, infine, la caratteristica portante. In verità se guardiamo con un po’ più di attenzione il grafico notiamo pure che il trend di crescita non è andato aumentando in maniera costante ma ha alternato periodi di flessione assimilabili ad una più scarsa attività.
La variazione di intensità dell’irradiazione tra periodi di alta e bassa attività nell’ambito di un singolo ciclo solare è attorno allo 0,1% ma nel lungo periodo le differenze diventano notevoli, nel caso analizzato infatti triplicano. Durante i primi anni del 1700 l’irradiazione solare era nettamente più bassa dell’attuale. Usando i dati assoluti si evidenzia una differenza di ben 4 W/mq tra gli inizi del 1700 e la fine degli anni ‘80 del XX secolo. Il contributo offerto dalla CO2 (come pure evidentemente quello dell’attività solare che risulta quindi ben comparabile) agli attuali livelli di circa 380 ppmv è quantificato al netto dei feedback in 1,3 W/mq. Calcolandone gli effetti in termini di temperatura si arriva a stento a 3 decimi di grado (0,3°C). Ad un suo raddoppio rispetto alla concentrazione del periodo pre-industriale (280 ppmv), che molto realisticamente non avverrà mai, il contributo potrà difficilmente superare 0,65°C e questo è ben spiegato dalla curva logaritmica che ne descrive la sua capacità di forzante radiativa netta in relazione alla sua concentrazione.
Ma allora cosa potrebbe scatenare una variazione di temperatura addirittura fino a 5°C come pronosticato dai GCM? La risposta è immediata, i feedback. Dietro questa parola si celano tutte quelle retroazioni che hanno la capacità di amplificare o attenuare la forzante principale. Tra queste ci sono le nubi, seppur sia ancora ancora da chiarire la fisica della loro formazione, della loro tipologia e contenuto in ghiaccio. Tuttavia si dà per certo che questi 0,3-0,6°C di aumento della temperatura siano in grado di avviare un processo a catena prodotto da retroazioni positive, che per qualcuno è già o lo sarà a breve se non si prenderanno immediati provvedimenti, di tipo irreversibile. Facendo una prima e forse anche banale riflessione possiamo certamente asserire che nella storia climatica di questo pianeta l’unica certezza risiede nella sua definizione di variabilità. Non vi sono mai state condizioni che abbiano prodotto situazioni irreversibili.
Questo consentirebbe di aprire un’altra discussione sul significato di irreversibilità climatica che, se è paragonata alla vita media di un uomo potrebbe avere un certo peso ma se comparata alle lunghe serie temporali che hanno contraddistinto le varie fasi climatiche, sia di grande ampiezza e bassa frequenza che di più piccola ampiezza e alta frequenza, assumerebbe certamente un’importanza nettamente diversa. Ad esempio le oscillazioni pur di medio-piccola ampiezza che hanno caratterizzato gli ultimi 1200 anni hanno innescato le variazioni conosciute come il Periodo Caldo Medievale e la Piccola Età Glaciale. In entrambi i casi vi sono state oscillazioni in positivo o in negativo rispetto agli attuali valori di temperatura media dell’ordine del grado centigrado e queste non hanno prodotto alcuna retroazione in grado di amplificare di 5 volte l’effetto scatenante facendolo diventare di tipo irreversibile.
Si converrà che le forzanti, siano esse di origine antropica o naturale, devono riprodurre gli stessi effetti producendo le stesse reazioni amplificanti che si evidenziano nei vari feedback alla base della contemporanea modellazione climatica. La realtà, però, ci ha raccontato un’altra storia. Queste due oscillazioni hanno riguardato una scala temporale climatica relativamente breve, dell’ordine di qualche secolo, ma molto più lunga dell’attuale fase climatica segnando lo scorrere della recente storia dell’umanità.
In conclusione, perché si disconoscono i ben 4 W/mq prodotti dalla variabilità solare lungo gli ultimi tre secoli mentre si concede grande importanza ed attenzione a quegli 1,3 W/mq di possibile origine antropica prodotti dal 1850 ad oggi e dei quali più della metà risalenti a circa l’ultimo cinquantennio? L’aumento di 4 W/mq è stato raggiunto negli ultimi 5 cicli solari, ad eccezione della breve parentesi del ciclo numero 20, contraddistinti dalla più elevata attività solare dell’intero periodo preso in esame nel quale la TSI nei periodi di minima attività del ciclo di Schwabe è stata comunque più alta di un qualsiasi massimo solare dei precedenti 250 anni. La mia opinione in merito è chiara ma lasciamo ai posteri l’ardua sentenza. Rimando poi, chi volesse approfondire il tema tra l’interazione dell’attività solare ed il clima ad una più completa lettura del mio lavoro ormai in via di conclusione.
Da www.cimatemonitor.it
Di Carlo Colarieti Tosti il 06 aprile, 2009
Raccogliendo le sollecitazioni di Guido Guidi ho deciso di raccogliere alcune considerazioni che rappresentano una breve anteprima di uno studio più ampio in fase di ultimazione. I problemi riguardanti i cambiamenti climatici hanno da sempre fatto discutere a causa delle grandi incertezze che accompagnano la conoscenza del problema. Recentemente, anche se a dire il vero non troppo, una delle questioni che anima di più il dibattito è sicuramente quella inerente l’attività solare ed il suo ruolo di forzante del sistema. Si tratta in verità di discussioni piuttosto datate, apertesi già parecchio tempo fa con la ricerca delle dinamiche di innesco delle grandi glaciazioni.
Le ipotesi iniziali erano molteplici, come al solito qualcuna forse anche stravagante ma, nel 1842 il matematico francese J. A. Adhémar formulò per primo l’ipotesi che il fattore determinante nell’innesco delle glaciazioni dovesse essere una variazione di intensità delle stagioni, introducendo così le motivazioni di natura astronomica. Qualche decennio più tardi il matematico ed astronomo serbo Milutin Milankovitch affinò questo teoria perfezionandola negli anni venti e trenta del XX secolo e fornendo la soluzione al problema della comprensione delle grandi oscillazioni climatiche. La teoria del Milankovitch poggia su tre componenti; due intervengono a modificare l’intensità delle stagioni mentre la terza influisce sulle interazioni fra le due precedenti. Le più importanti sono la variazione dell’inclinazione dell’asse terrestre e, seppur più debole, l’oscillazione dell’eccentricità dell’orbita.
Senza dilungarmi sulla globalità dei moti astronomici millenari mi soffermerò solo sull’inclinazione dell’asse terrestre che varia, con un ciclo di circa 41000 anni, passando da un minimo di 22,1° circa ad un massimo di 24,5° circa. L’angolo è attualmente di 23,44° ovvero più o meno a metà strada dell’intera oscillazione e tende a diminuire. Più l’angolazione è pronunciata più sono intense le stagioni nei due emisferi. L’inclinazione dell’asse ha l’effetto di forzare la radiazione solare, per cui gli inverni saranno più rigidi come pure le estati più calde, in un regime che potremmo definire nel complesso di tipo continentale. Tale situazione è la più sfavorevole alle dinamiche di sviluppo delle grandi glaciazioni perché non consente alle nevi invernali di accumularsi superando più o meno agilmente le stagioni estive. Il risultato del lavoro di Milankovitch fu quello di stabilire che le grandi glaciazioni abbiano avuto inizio quando vi è stata una sufficiente variazione dell’insolazione attorno e al di sopra del 65° di latitudine. Questo avrebbe determinato dei forcing sufficienti ad orientare alternativamente il clima verso una fase calda o fredda.
In realtà anche le variazioni dell’attività del nostro Sole determinano numerose variazioni. Tra queste naturalmente l’intensità dell’irradiazione. Tuttavia, nonostante il Sole sia il motore del nostro sistema climatico, allo stato attuale permane come un gigante incompreso nella modellistica della rappresentazione climatica. Dopo quasi due decenni di studi sul clima ho certamente consolidato la convinzione per la quale il corretto approccio al problema deve essere di tipo olistico, cercando di esaminare la questione nel suo insieme. Ciò appare in netta contrapposizione all’approccio riduzionista purtroppo ben radicato nelle moderne tecniche d’indagine dei meccanismi che regolano i cambiamenti climatici.
Nei modelli di simulazione climatica (GCM) l’attività solare viene considerata come semplice irradiazione totale e nella sua variazione tra periodi assolutamente brevi. Inoltre si asserisce che quanto implementato nei modelli corrisponde alle conoscenze allo stato dell’arte; allora mi domando quale validità abbiano tali prognosi, spacciate per certezze climatiche, sapendo che le conoscenze sono ancora assai limitate? Questo discorso fa anche il paio con una domanda che feci ad un noto relatore di una conferenza sul clima il quale mi rispose che: “questo è quello che abbiamo e quindi a questo dobbiamo riferirci”. A me pare come il famoso proverbio: “O mangi questa minestra o ti butti dalla finestra”. Peccato però che la realtà scientifica sia un’altra cosa, non certo un proverbio. Concludendo sui modelli climatici ad oggi questi non possono altro che esprimere uno studio di sensibilità, ovvero, nel migliore dei casi fornire solo proiezioni su uno dei possibili climi futuri in un range di probabilità ristretto a quei casi in cui la forzante solare non sia soggetta a variazioni. Cosa che non è mai accaduta, né è probabile che avvenga in futuro.
Tornando al Sole e alla irradiazione solare ( TSI) questa non è esattamente costante, infatti è soggetta ad oscillazioni nel tempo ed è inoltre ben associata alla variabilità del numero delle macchie solari. Guardando il grafico riportante l’andamento dei dati si noterà la perfetta correlazione, con un indice pari a 0,98 tra l’attività delle macchie solari e la TSI. Ne consegue che la TSI è espressione diretta dell’attività solare la quale è riconducibile alla variabilità del numero delle macchie nella sommatoria dei vari cicli di Schwabe o più comunemente dei vari cicli undecennali determinandone, infine, la caratteristica portante. In verità se guardiamo con un po’ più di attenzione il grafico notiamo pure che il trend di crescita non è andato aumentando in maniera costante ma ha alternato periodi di flessione assimilabili ad una più scarsa attività.
La variazione di intensità dell’irradiazione tra periodi di alta e bassa attività nell’ambito di un singolo ciclo solare è attorno allo 0,1% ma nel lungo periodo le differenze diventano notevoli, nel caso analizzato infatti triplicano. Durante i primi anni del 1700 l’irradiazione solare era nettamente più bassa dell’attuale. Usando i dati assoluti si evidenzia una differenza di ben 4 W/mq tra gli inizi del 1700 e la fine degli anni ‘80 del XX secolo. Il contributo offerto dalla CO2 (come pure evidentemente quello dell’attività solare che risulta quindi ben comparabile) agli attuali livelli di circa 380 ppmv è quantificato al netto dei feedback in 1,3 W/mq. Calcolandone gli effetti in termini di temperatura si arriva a stento a 3 decimi di grado (0,3°C). Ad un suo raddoppio rispetto alla concentrazione del periodo pre-industriale (280 ppmv), che molto realisticamente non avverrà mai, il contributo potrà difficilmente superare 0,65°C e questo è ben spiegato dalla curva logaritmica che ne descrive la sua capacità di forzante radiativa netta in relazione alla sua concentrazione.
Ma allora cosa potrebbe scatenare una variazione di temperatura addirittura fino a 5°C come pronosticato dai GCM? La risposta è immediata, i feedback. Dietro questa parola si celano tutte quelle retroazioni che hanno la capacità di amplificare o attenuare la forzante principale. Tra queste ci sono le nubi, seppur sia ancora ancora da chiarire la fisica della loro formazione, della loro tipologia e contenuto in ghiaccio. Tuttavia si dà per certo che questi 0,3-0,6°C di aumento della temperatura siano in grado di avviare un processo a catena prodotto da retroazioni positive, che per qualcuno è già o lo sarà a breve se non si prenderanno immediati provvedimenti, di tipo irreversibile. Facendo una prima e forse anche banale riflessione possiamo certamente asserire che nella storia climatica di questo pianeta l’unica certezza risiede nella sua definizione di variabilità. Non vi sono mai state condizioni che abbiano prodotto situazioni irreversibili.
Questo consentirebbe di aprire un’altra discussione sul significato di irreversibilità climatica che, se è paragonata alla vita media di un uomo potrebbe avere un certo peso ma se comparata alle lunghe serie temporali che hanno contraddistinto le varie fasi climatiche, sia di grande ampiezza e bassa frequenza che di più piccola ampiezza e alta frequenza, assumerebbe certamente un’importanza nettamente diversa. Ad esempio le oscillazioni pur di medio-piccola ampiezza che hanno caratterizzato gli ultimi 1200 anni hanno innescato le variazioni conosciute come il Periodo Caldo Medievale e la Piccola Età Glaciale. In entrambi i casi vi sono state oscillazioni in positivo o in negativo rispetto agli attuali valori di temperatura media dell’ordine del grado centigrado e queste non hanno prodotto alcuna retroazione in grado di amplificare di 5 volte l’effetto scatenante facendolo diventare di tipo irreversibile.
Si converrà che le forzanti, siano esse di origine antropica o naturale, devono riprodurre gli stessi effetti producendo le stesse reazioni amplificanti che si evidenziano nei vari feedback alla base della contemporanea modellazione climatica. La realtà, però, ci ha raccontato un’altra storia. Queste due oscillazioni hanno riguardato una scala temporale climatica relativamente breve, dell’ordine di qualche secolo, ma molto più lunga dell’attuale fase climatica segnando lo scorrere della recente storia dell’umanità.
In conclusione, perché si disconoscono i ben 4 W/mq prodotti dalla variabilità solare lungo gli ultimi tre secoli mentre si concede grande importanza ed attenzione a quegli 1,3 W/mq di possibile origine antropica prodotti dal 1850 ad oggi e dei quali più della metà risalenti a circa l’ultimo cinquantennio? L’aumento di 4 W/mq è stato raggiunto negli ultimi 5 cicli solari, ad eccezione della breve parentesi del ciclo numero 20, contraddistinti dalla più elevata attività solare dell’intero periodo preso in esame nel quale la TSI nei periodi di minima attività del ciclo di Schwabe è stata comunque più alta di un qualsiasi massimo solare dei precedenti 250 anni. La mia opinione in merito è chiara ma lasciamo ai posteri l’ardua sentenza. Rimando poi, chi volesse approfondire il tema tra l’interazione dell’attività solare ed il clima ad una più completa lettura del mio lavoro ormai in via di conclusione.
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Ultima modifica di marvel il gio 09 apr, 2009 14:22, modificato 1 volta in totale.
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Re: SOLE-CLIMA: Si Va Verso Il Freddo? Una Nuova PEG?......
Grazie Massi, sei riuscito a riassumere il concetto inmaniera perfetta e esaustiva,
avevo già letto qualcosa in merito
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Bisogna avere in sè il caos per partorire una stella che danzi.
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Re: SOLE-CLIMA: Si Va Verso Il Freddo? Una Nuova PEG?......
38° giorno senza macchie di fila, serie impressinante!!!!
con flusso solare sceso nuovamente a livelli molto bassi, 68, dopo che per alcuni giorni era tornato sopra i 70
e ciò sembrava poter preannunciare un almeno minima ripresa dell'attività solare, invece niente!
Minimo che si fà davvero notevole!
con flusso solare sceso nuovamente a livelli molto bassi, 68, dopo che per alcuni giorni era tornato sopra i 70
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Re: SOLE-CLIMA: si va verso il freddo? Una nuova PEG?......
Stiamo a guardare...tutto molto interessante, in futuro sarà bello capirne di più, e capire verso che fase e di che entità si va!
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Re: SOLE-CLIMA: si va verso il freddo? Una nuova PEG?......
Intanto gli scienziati che stanno scrutando la superficie solare ci fanno sapere che le anomalie di questo minimo solare non finiscono qui.
Il minimo solare continua contro ogni più "pessimistica" pervisione e dopo aver frantumato il record di spotless days (giorni senza macchie solari) oltrepassando i 600 giorni del minimo del 1913 punta ai 654 giorni del minimo del ciclo 10!
Ma le sorprese non finiscono qui.
Infatti una delle caratteristiche dei cicli solari è il movimento (migrazione) dei buchi coronali che sono zone della corona solare aventi una ridotta densità di plasma, appaiono come zone più scure nelle immagini. Questi fenomeni costituiscono la principale origine del vento solare e rappresentano un particolare indicatore dell’attività elettromagnetica del nostro astro.
Normalmente, durante le fasi di minimo solare, queste formazioni sono localizzate in prossimità dei poli del nostro astro, e man mano che ci si avvicina al massimo migrano verso la zona equatoriale del Sole.
Ma attualmente, in piena fase di minimo solare, la situazione dei "Coronal Holes" (buchi coronali) è fortemente contraddittoria, infatti sono posizionati in zona transequatoriale.
Detto questo ci vengono in mente alcune delle previsioni dei massimi esperti mondiali (Prof. Hathaway ) che, qualche anno fa, collocavano il raggiungimento del massimo solare del ciclo 24 (previsto all'epoca estremamente intenso) proprio nei primi mesi del 2009 (previsione successivamente e rripetutamente modificata fino a rimandare il nuovo massimo a data da destinarsi).
Ma l'assenza delle macchie solari indicherebbe che il ciclo 24 non è mai iniziato... anche se per un certo periodo si è avuto un'alternarsi di macchie del vecchio ciclo 23 e macchie del futuro ciclo 24 (piccole e scarse a dire la verità).
Seguendo gli studi sulle migrazioni intercicliche dei buchi coronali di Miralles e Nikolskaya, sembrerebbe che il nostro Sole stia per raggiungere una fase di massimo solare (forse tra 1 anno)... o addirittura è ipotizzabile che la fase di massimo sia già stata superata nei mesi di ottobre-novembre 2008 quando effettivamente si ebbero brevi sequenze di piccole macchie con polarità del ciclo 24, per poi tornare ad una bassissima attività!
Ebbene nel minimo di Mauder si ebbero cicli brevi con poche macchie (concentrate per lo più nella fase di massimo) per poi ridiscendere verso un nuovo minimo.
Di sicuro c'è molto, ancora molto, da capire!
Il minimo solare continua contro ogni più "pessimistica" pervisione e dopo aver frantumato il record di spotless days (giorni senza macchie solari) oltrepassando i 600 giorni del minimo del 1913 punta ai 654 giorni del minimo del ciclo 10!
Ma le sorprese non finiscono qui.
Infatti una delle caratteristiche dei cicli solari è il movimento (migrazione) dei buchi coronali che sono zone della corona solare aventi una ridotta densità di plasma, appaiono come zone più scure nelle immagini. Questi fenomeni costituiscono la principale origine del vento solare e rappresentano un particolare indicatore dell’attività elettromagnetica del nostro astro.
Normalmente, durante le fasi di minimo solare, queste formazioni sono localizzate in prossimità dei poli del nostro astro, e man mano che ci si avvicina al massimo migrano verso la zona equatoriale del Sole.
Ma attualmente, in piena fase di minimo solare, la situazione dei "Coronal Holes" (buchi coronali) è fortemente contraddittoria, infatti sono posizionati in zona transequatoriale.
Detto questo ci vengono in mente alcune delle previsioni dei massimi esperti mondiali (Prof. Hathaway ) che, qualche anno fa, collocavano il raggiungimento del massimo solare del ciclo 24 (previsto all'epoca estremamente intenso) proprio nei primi mesi del 2009 (previsione successivamente e rripetutamente modificata fino a rimandare il nuovo massimo a data da destinarsi).
Ma l'assenza delle macchie solari indicherebbe che il ciclo 24 non è mai iniziato... anche se per un certo periodo si è avuto un'alternarsi di macchie del vecchio ciclo 23 e macchie del futuro ciclo 24 (piccole e scarse a dire la verità).
Seguendo gli studi sulle migrazioni intercicliche dei buchi coronali di Miralles e Nikolskaya, sembrerebbe che il nostro Sole stia per raggiungere una fase di massimo solare (forse tra 1 anno)... o addirittura è ipotizzabile che la fase di massimo sia già stata superata nei mesi di ottobre-novembre 2008 quando effettivamente si ebbero brevi sequenze di piccole macchie con polarità del ciclo 24, per poi tornare ad una bassissima attività!
Ebbene nel minimo di Mauder si ebbero cicli brevi con poche macchie (concentrate per lo più nella fase di massimo) per poi ridiscendere verso un nuovo minimo.
Di sicuro c'è molto, ancora molto, da capire!
Ultima modifica di marvel il mer 15 apr, 2009 14:19, modificato 2 volte in totale.
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Re: SOLE-CLIMA: si va verso il freddo? Una nuova PEG?......
E di sicuro inoltre, se fosse realmente passato il massimo del ciclo 24, andrebbe d'ufficio su chi l'ha visto..
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Re: SOLE-CLIMA: si va verso il freddo? Una nuova PEG?......
E il Sole continua a stupire...
A maggio riviste ulteriormente al ribasso le previsioni NASA (dal famoso scienziato Hathaway) per il prossimo massimo solare... tra l'altro il nuovo ciclo ancora non è partito.
(cliccare sull'immagine per vedere l'animazione)
Cominciano a proliferare siti che si occupano di questo tema, inoltre le previsioni dei Russi, di cui ho parlato ampiamente in precedenza, sembrano essere le uniche ad averci preso... e sono anche quelle che prevedono un minimo di attività solare per il 2040... con una PEG alle porte...
http://www.larouchepac.com/node/9916
http://www.solarminimum.com/
A maggio riviste ulteriormente al ribasso le previsioni NASA (dal famoso scienziato Hathaway) per il prossimo massimo solare... tra l'altro il nuovo ciclo ancora non è partito.
(cliccare sull'immagine per vedere l'animazione)
Cominciano a proliferare siti che si occupano di questo tema, inoltre le previsioni dei Russi, di cui ho parlato ampiamente in precedenza, sembrano essere le uniche ad averci preso... e sono anche quelle che prevedono un minimo di attività solare per il 2040... con una PEG alle porte...
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Massì, hai visto il grafico del heat content ocean? diametralmente opposto alle proiezioni GISS
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Re: SOLE-CLIMA: Si Va Verso Il Freddo? Una Nuova PEG?......
Te cosa ne pensi Marvel?E il Sole continua a stupire...
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Cominciano a proliferare siti che si occupano di questo tema, inoltre le previsioni dei Russi, di cui ho parlato ampiamente in precedenza, sembrano essere le uniche ad averci preso... e sono anche quelle che prevedono un minimo di attività solare per il 2040... con una PEG alle porte...
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La meteorologia è una scienza inesatta, che elabora dati incompleti, con metodi discutibili per fornire previsioni inaffidabili. Andrea Baroni